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Passioni

CARICAMENTO DOMESTICO DELLE CARTUCCE A PALLINI

Sin dalla fine dei lontani ed indimenticabili anni '80 del secolo scorso, non uccido più un selvatico di minuta selvaggina se non con munizioni caricate in casa, una per una, con pazienza veramente certosina. A metà degli anni '90, collaborando all'epoca per motivi professionali con la più nota fabbrica di semiautomatici da caccia esistente al mondo, ebbi l'opportunità di testare i miei "manufatti" al Banco di Prova e conseguentemente metterli perfettamente "a punto" per i miei fucili; da allora le "dosi" non le ho più cambiate! Le polveri che maggiormente utilizzo sono quelle della tradizione (S4 in primis,
F2 x 36, JK6, JK3, BP450), ormai collaudatissime per le caratteristiche balistiche delle mie armi.
A breve ho intenzione di acquistare dei lotti sia della nuovissima MG2 sia della M92S, se non altro, essendo entrambe dei nuovissimi e moderni prodotti, per provarne l'efficacia tanto decantata.
Come è piacevole sentire il profumo della polvere bruciata nel bossolo in cartone, appena estratto dalla doppietta, dopo un bel tiro di stoccata andato a segno sulla "regina" fermata plasticamente dal Setter Inglese nella faggeta in Autunno!
Manìe di un cacciatore.
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
RACCOLTA DEI FUNGHI IN APPENNINO
 
E' per me un grande diletto dedicarmi, sia in primavera sia in autunno, alla ricerca e raccolta dei funghi più conosciuti ed apprezzati dalla tradizione popolare e montanara della Gente dell'Appennino. Questi sono rappresentati dalle tre varietà di Agaricus (Arvensis, Campestris e Squamulifer) e dal notissimo e famoso Calocybe Gambosa; nel dialetto delle mie contrade gli Agarici sono detti rispettivamente "torino", "prataiolo" e "rosciolo", mentre il Calocybe viene chiamato "spignolo" o "prugnolo".
Una nota storica: prima della diffusione della moderna micologia, avvenuta da due o tre decenni o poco più (ormai più una moda anziché una sincera passione), i funghi, in Appennino, venivano raccolti principalmente dalle donne che pascolavano le greggi, questo poiché gli uomini, prioritariamente, svolgevano le altre mansioni agricole più faticose. Inoltre, i pregiatissimi "porcini", nel mio Appennino, erano assenti o non conosciuti, o financo disprezzati, sempre fino ad un quarto di secolo fa, quando, appunto, cominciarono a diffondersi corsi di micologia a destra e a manca, più o meno qualificati e qualificanti. Per tali motivi resto fedele alle consuetudini pastorali della mia Gente e raccolgo solo i funghi della tradizione montanara, sia per rispetto degli usi e costumi sia per preferenze micologiche.
Del resto come preparo in cucina le tagliatelle con gli "spignoli"....
Almeno così mi dicono gli amici che le hanno provate!

 

 

 

 

 

 
 
 

 
VALORIZZAZIONE DELLA
SELVAGGINA IN CUCINA

In alcuni, ma rarissimi casi, il popolo verde-animalista-ambientalista ha proprio ragione da vendere: come ho già scritto in altre occasioni (vedi pag. Home dell'altro mio website www.viaggimontecatria.it), la Caccia non è uno sport e, per tal ragione, non può essere assimilata ad una attività meramente ludica. Perciò non si deve uccidere nessun essere vivente "per sport", e men che meno selvatici pregiatissimi. E' dovere di ogni Cacciatore far sì che la selvaggina uccisa venga nobilitata in cucina ed onorata in tavola con vini ed Amici degni.
Personalmente, quando appendo la doppietta ed afferro mestoli e tegami, uso come sorgente di calore solo ed esclusivamente il fuoco vivo di legna e/o relativa brace viva, grazie al quale, ponendo a debita distanza dalla fiamma/brace il girarrosto od il tegame - rigorosamente in "terracotta", mai in metallo - ottengo la cosiddetta, prelibatissima (anche perché lenta e paziente) "cottura a riverbero".
Contattatemi e vi indicherò delle ricette squisite!









 
 
 

 
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